Maria Di Lauro (Napoli, 1939 – Giugliano, 2000)
Insegnò nella scuola primaria in diversi comuni d’Italia: Napoli Capodichino, Giugliano, Frattaminore, Ventimiglia, Capri, Ravenna, dove concluse la sua carriera di docente.
Trascrizioni dai dattiloscritti e manoscritti originali di Gennaro Di Lauro

ERI DI ROCCIA E DI SPIGHE

Eri di roccia e di spighe,
Cristo della mia solitudine
Ti raccoglievi al mio fianco, assente
Più di quella stella che spiava
I nostri passi nell’isola
E i nostri discorsi, folli come il vento.
Mi precedevi sempre a testa china
Come pressato da un destino più forte
O beccheggiavi come una nave
In tempesta
Tu, Ulisse della mia solitudine
Che portavi vento e piogge
Nel giubbino del blue-jeans
E coltelli, perché io ne fossi graffiata.
Lo vidi scendere senza toccare il suolo
Per gli stretti vicoli dello stretto
Inverno isolano
Cupo come il principe di Danimarca,
Non seppi mai se mi conobbe
Come sorella o amante,
Disse sempre di non riconoscermi …
Sarebbe almeno venuto sulla riva
A vedermi annegare
Lui, Amleto, coi suoi capelli d’alga
E di luna,
Li avrebbe almeno gettati nell’acqua
Per farmene omaggio?
Sorella morte luna e Ofelia vergine
Per gli squali
Fu vista passare per le onde
Concentriche del mare
Pennellando d’azzurro lo scrigno rosso
Della sua follia
Lei che imparò a impastare la creta
Dei suoi sogni
Lei, Ofelia con le sue gambe strette
A coda di pesce.
Riemersa dalle acque
Raccoglie il freddo guanciale
Dei tuoi capelli
E cerca in essi il segreto,
Ma i tuoi capelli stringono i denti,
Chiudono la bocca
Non c’era discorso, perché non c’era
La parola
E Ofelia non vuol saperne d’essere
Genitrice di peccatori
Sogna partorendo peccati, folle come
Il vento, cieca per la cupidigia
Di vedere oltre

DOVE NESSUNO VEDE

Ho visto il tuo sorriso sul molo
In quel mattino di ritorni
E partenze,
Eri tutto chiaro e l’ARIA TI GIOCAVA
TRA GLI OCCHI
Lasciata a riva
La veste a lutto di follia
Del principe Shakespeariano
Mi apparisti così
Primavera dell’isola,
Penitenza d’aprile
Pasqua di crocifissione
Amore, mistico amore, Cristo della mia
Solitudine
Fratello della sponda opposta
Venuto a spartire il fiele
Di quest’età
Tu, covato nel GREMBO DEI MIEI
SOGNI
Dove non giunge che il riflesso della
Luna,
Figlio del vento fallico
Che fiorì sull’isola
Amore nei cui occhi passarono
Scintille incandescenti
Quale barriera si pose
Quando volli attraversare
E caddi?

(Aprile 1972)

Maria frequentava diversi intellettuali dell’epoca (Domenico Rea, Ermanno Rea, Luigi Compagnoni), soprattutto napoletani in quanto per diversi anni è vissuta a Giugliano con la zia, nella casa del nonno, in via Concezione.

PRIMA DEL TEMPORALE

Quella sera di gennaio strepitava
La sera con mille giunture
Di scrocchi di scricchi di temporale
E quattromila rami secchi erano
Ininterrottamente squassati, divelti.
Sembrava la sera un rogo di … cani.
Tra le nervature dei sistemi nervosi
Degli umani s’innervava la
Sera di ombre cornute tra
I soffitti e le scale. Come una
Malia di settecento ali.

(1984)

Si recava spesso a Roma, a casa di Alberto Moravia; ebbe grande amicizia con Giorgio Albertazzi, il quale, qualche anno fa, contattò i cugini e, informato della morte di Maria, lasciò uno scritto a lei dedicato, che ora si trova riprodotto in una targhetta sulla lapide della sua tomba al cimitero di Giugliano.

AMO LA LIBERTÀ

La profondità delle rocce dove il gabbiano s’inserra
Con volo bluastro nascondendosi dietro l’onda dell’aria
È il momento della danza.
Della vita amo ciò che non si scontra,
Amo l’onda
Amo il volo
Amo la libertà
E se Arhiman e Lucifer
M’assillano con lacci
Amo la liberazione
Oltre la tentazione.
Perché sono! 

Un braccio di nuvole abbraccia il campanile,
Stanotte c’è silenzio tra le stelle
Mentre la luna guarda, occhio d’argento …

Maria dedicò la poesia seguente a un poeta, suo amico, morto tragicamente e prematuramente

DI NOI SI DICE DA QUALCHE PARTE

Di noi si dice da qualche parte
Che siamo vivi.
Di te che moristi.
Amico, hai poi trovato la terra azzurra che cercavi
E gli angeli agli angoli delle strade
Che riferivano la verità?
Per noi fosti il fratello
Che tradì d’un tratto la nostra estate
E del colpo di fuoco che ci spezzò il sole
Non ci ricordiamo già più.
Oggi sei uno dei tanti morti che sappiamo.
Di noi si dice che siamo vivi
Anche se viviamo nel rosario opaco dei giorni
E neppure le navate chiare delle chiese
Ci confortano.
Di te che sei morto.
Amico morto, hai poi ottenuto la tua verità?

LA MORTE GIOVANE

Quando morrò vi prego non scalfite il silenzio di
Orrende litanie. Cercate un bambino che stia
Nella mia stanza e non gli dite frasi grosse, strane
Come: la vedi, è morta …
Ditegli invece qualcosa che gli piaccia
Che sono un fiore umano o un angelo vestito da
Madonna o la bella che dorme
Ditegli una cosa tenera ed amica che lo induca al sorriso
Per quel sorriso, lavorerò per voi dal paradiso
Se morirò sfiorate piano la mia carne sollevatela
Con tenerezza come fosse sacra e datela all’abbraccio
Della bara. So che la bara si scuserà per esser dura
Che si vergognerà del peso giovane e immaturo, che mi
Rifiuterà …
Io la convincerò a tenermi dicendole l’amore che le porto
Ed ella chinandosi umilmente, la terra accarezzerà
E alla terra mi restituirà
Se morirò siate felici per me, come io lo sarò.

(1957)

STANZE DI NOIA

Stanze di noia,
dove si cammina
badando a controllare
i propri moti di fastidio
invidia,
paura d’invidiare
poltrone e figli nati
e viaggi che la gente prospetta come sogni, narrazioni di parole,
di scene dove non sei stata.
Stanze,
finzioni d’amicizia
strette stanze dove nessuno parla,
stanze d’interrogazioni,
di ipotesi.
Ah il Verbo si fece carne
L’idea divenne sostanza
Questo … questo … dove sei?
Non voglio essere soggetta a narrazioni
Perché essere narrata non significa essere
E nessuno può cogliere il fiore vivo
Che è un’anima.

T’AMO FALCE DI LUNA

E non temere niente:
il poeta non si può storpiare
ora che vede
come insieme decidemmo di giocare,
inventandoci un sogno oscuro e fosco:
mille lune di chiara fronte viva
e intorno ti getti in faccia quello che è vivo
sicché l’inganno rida di se stesso
e noi ci lasci,
bambini del regresso
che danzando si urtarono coi piedi,
alce di luna t’amo
e non ti lascio indietro …

(17.XI)

POVERTÀ

Sul gungoleo azzurrognolo
Con scarpe da ginnastica
Andando verso l’occipite
Del giorno aspro
Fra miasmi di cavoli, fetori.
Povertà, sei brutta.
Non ti chiami: amore.

FILASTROCCA DELL’ILLUSA

Se il vento mi passa, mi passa tra gli occhi e li
Accarezza io dimentico, per un attimo, la gente …
Mi pare allora d’essere cielo, d’essere cima della
Montagna, d’essere nido per gli uccelli.
Io dimentico la gente, tutta la gente che non vede, che
Non sa la meraviglia d’una cosa che pure fa da paravento
Al grande niente.
Volevo Dio e non l’ho avuto
Poi altre cose ch’eran di là
La mia porta è stata chiusa
È morto già chi la riaprirà
Quando un giorno mi sono svegliata c’era il sole nei miei
Capelli, si raccontava la storia strana delle illusioni
Le più belle.
Paradiso, paradiso a volte ho visto persino il tuo viso
Era un giorno come questo, tra le nuvole un gran pittore
Dipingeva colori accesi, non era Dio, non era un autore
Ma un’illusione del mio cervello che ha sempre amato
Pensare al bello
Volevo Dio e ho avuto una mente
Credevo agli angeli e non c’era niente.
La mia porta è ancora aperta sul miraggio d’un paradiso
Che alla ragione produce riso.

(1967)

COME UN COLPO DI SOLE

Come un colpo di sole
Il grande amore … e tu che vivevi nella tetra
Boscaglia, sei uscito all’aperto
Ad incontrare il sole,
la grazia t’investe come una rosa
e l’acqua è complice
delle stelle.
Sei ormai parte della Terra, la felicità
Della Terra …

GOTTERDAMMERUNG … o il barbarico animale uomo

La creatura avanza … nel crepuscolo degli … dei.
S’è lasciata alle spalle la casa innocente
E avanza, con passo molle, nel crepuscolo degli dei!
L’anello spesso della schiavitù trattiene la giovane caviglia da cerva
Che avanza, languida, attratta … nel crepuscolo degli … dei.
Gotterdammerung, è l’ora della forza!
Un maschio attende supino nel ventre dell’universo che ella avanzi,
avanzi di più nel crepuscolo degli dei.
Gotterdammerung, si farà baldoria, stanotte!
Il vetro vuotato andrà a spezzarsi contro la faccia della terra
E due braccia di vergine ti cingeranno il collo.
Gotterdammerung, crepuscolo viola e celeste del mondo.
Crollano i templi bianchi di Vesta
E la creatura, madida, avanza sulle loro … rovine
Col docile molle incedere di una … schiava
E ha negli occhi sbarrati Sodoma e Gomorra,
Impronte immemorabili di … lascivia.
Nel ventre della terra l’aria è di colore azzurro
Come i mattini al mare dell’età acerba
Ma non è più il tempo dei giochi amorosi
Con gli dei … dell’infanzia.
Il nuovo … dio è ad un passo da te
E le ginocchia lattee si piegano
Vinte al più forte.
Un lieve sudore di perle
Sulle labbra della tua … (bambola di luna)*
È il segno della tua sconfitta,
Guerriero, dio guerriero …!
Un attimo … una morte!

*cancellato nel manoscritto

(1965)

CORAGGIO!

Coraggio, lotta, non per avere le cose morte di questa sfera
Ma per la vita che esiste in cielo, lotta coi denti, per
Piacere.
Quando uscirai dal fiume vedrai le colombe bianche
E sarà la beatitudine che non riguarda la carne.

LA REALTÀ È BELLEZZA

… anche il cielo s’è mosso
Per disperdere le tenebre
E l’evento sta per verificarsi,
la ragione non vuol saperne di vincere
piange sulle proprie logiche idiozìe, la ragione:
ciò che è nel profondo gli tien testa:
è la ragione come una cagna famelica
che sbava inutilmente,
l’amore morde quest’inutile testa di ragno,
l’amore urla vendetta su questo metallo che deve sciogliersi,
l’amore non può perdere la sua guerra:
è il centro contro cui si spezzano tutti gli aghi della satanica
bussola,
è l’acqua che erompe dalle visceri più profonde
per aggredire il fuoco e disperderlo 
Sui vulcani orribili della Terra scroscia acqua di cielo:
il cielo s’è mosso e nessuno può fermarlo,
la ragione rantola vecchie verità perdute
la ragione fugge a testa bassa
entro i vulcani della Terra
e l’acqua gli morde la coda di rettile
Ora che il fuoco è stato vinto
Rimane la calma assorta profondità dell’acqua,
acqua per i tuoi piedi rotti dalla strada,
acqua per le tue mani
e per i genitali,
per i dolcissimi segreti genitali
ostia pura
battesimo della Terra
radici della vita
che un dio scelse
per affrontare il proprio inferno.

(1972 – primavera)

A TAGORE

Non posso sentire la somiglianza dei
Nostri due volti che furono dissimili nei tratti
Fratello d’oriente, l’occidente m’ha impresso
La sua faccia
Non posso, per quanto mi sforzi
Venire oggi al nostro appuntamento,
ma quest’aria che mi ricorda
che tu un giorno conoscesti
quando si riversò nei tuoi occhi
di poeta, quest’aria che bevo a piccoli sorsi
è il sigillo del nostro stabilito appuntamento.

INNO ALLA LIBERTÀ

e poiché sono una, e poiché una sono
la demenza dell’attaccamento-paura
leggere alla lettera
un dato allegorico
è errore!
E se in faccia alla vita com’è concepita
qui: qualcuno guardava il totem paterno:
te lo ricordi il sogno?

Statue d’argilla immense …,
è tempo ed è ormai tempo
di lasciare il campo
di questa lotta primitiva e stolta
il totem non è mai stato Verità,
e se i passi del desiderio là condussero
perché OGGI me ne dorrei ancora?

È ben altro lo spirito di Quelli aperti,
così Oggi ti dico: non ci affliggiamo più
… e mi distacco ormai senza rancore

Tanto fu soltanto
Luna allucinata, quel tremendo dolore
E mi distacco ormai senza rancore.
Cuore, realtà samsarica che lotta mi fai fare?
Ora ho così compreso
Che la lotta  è  ed anche era poi
Sciocca resa,
ed è compreso infine la differenza
tra un padre di terra
e un cuore che ritorna,
i cuori sono simili
ma a far la lotta è scorno!

O voi che v’alloggiate
In piede vostro
Direi e direi:  oh si, non vi cognosco
E al tema  dell’amor
Ch’era infelice
Sostituisco
Un bel niente, e ciò è felice

Perché se io mirassi solamente “la statua” che si forma 
Insino al ventre
E solo ad essa mi inchinassi in pianto,
sarei stupida all’infinito e sarebbe un danno 
Allora?  Allora lascio stare
Ciò che è discorde 
E se morale è ancora quella antica
Ciò non si conta più

E a quel fardello dico:
voi adorate l’immagine del padre
mentre lo Spirito di   questo non ne gode
e se la mente mi acchiappavate
fu perché era stolta mente vuota:
nel guardare immagini qui attorno
m’ero scordata
di Sete superiore, 
oh lasciami adesso andare
non più condizionata
da un primo e sciocco errore …,
perdonando alle mosse dei flash
perdono al mio rancore.

(Novembre ’82) 

 O TU DI CHIARA FONTE

O tu di chiara fonte, vivace, alpestre
Che energia più pura sei chiamata
Tu sola vera fonte
Agli assetati
Che, addormentati a fonti avvelenate
Dormono tutti in questo vecchio sonno
Dimentichi di te, O Una fonte
Senza di te, la vita è sol sopore:
fatica, scontro

E vecchio disamore
Ché serve a noi, questo scenario
Bruto?
Privo di te, esso è l’inferno nudo
O energia di vita più reale
Che desiamo

E molto più del pane,
ricordaci di Te
mentre in tempeste samsariche, crudeli
e senza festa
noi ridicoli e idioti qui dormiamo
ché mai una faccia ti daremo
perché tu sei solo la Vera vita piena,
o amore, o amata o tu soffio gagliardo
ritorna al cuore
come acqua desiata
e privaci
degli occhi
ch’hanno in orrore
la nebbia oscura
di
questo scuro sole
che a forza d’osservarlo
le membra intere
rigettano da sé
come un cratere:
questa follìa è così vecchia ormai
che nessuna poesia
l’inspecchierebbe mai,
la vita nova
per diritto regale
noi domandiamo.

O lago amico
O Unico cercato
Traici da questo
Sterpo
Che
Non vogliamo

(Marzo 1984)

IL CAMALEONTE

Oh prendi il mantra
Della vita mutatur …
Dal punto in cui ti trovi,
e nella tomba dell’oblio
su getta
errori che la vita, lei ti flette …
per lui, Francesco, quest’era già più vero
che a gradi diversi era il sentiero,
ma non ti rioccupar troppo dei … danni
giacché conosci ben
come qui accade,
e chi si sente in colpa, quegli è … dannato,
sol da se stesso e dalla sua ragione
che ad ogni costo maschera … finzione,
e tu che ti pagasti quel canestro di grossi guai,
non pescar nel cesto …
e forse, come fu finzione il danno
sarà finzione a trarti dallo affanno.

Perché davvero a misurar oscuro,
ti schianti solo tu, te lo assicuro.

E seppellisci stolte idee dementi,
figlia, non risballare con la mente
e di quel mantra fanne uso dell’oro
che hai da trarre solo dal tesoro,
vedi: adesso tu conosci bene
la differenza tra
il terren
che dopo aver sbagliato, si fa spavaldo
e tosto,
e ciò che pace ingenera, piuttosto.

Non ti curar di annodar di fronte, però non ti sballar
Dietro costoro, tu che hai vissuto

    ROMANTICA FINZIONE …

Mi aiuti quello a non aver ragione.
E più di sette volte Egli mi aiuti
A non rievocar ragion di … bruto,
perdonami sol Tu, Sole reale,
il resto era il teatro
allor// del … male.

Mi voglio ripigliar tutto quel mantra.

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